Il ricordo del grande
archeologo, Giacomo Scibona, e il Museo (?) a Rometta.
In questi giorni, a distanza di due anni dalla sua scomparsa, è
doveroso ricordare l’archeologo Giacomo Scibona che a Rometta
trascorse molti anni della sua vita e dove intraprese la prima
campagna di scavi che doveva portare alla luce il passato
dimenticato della città castello. A Rometta, Giacomo era giunto a
seguito del padre, Guido, che prestava la propria attività
lavorativa nell’Ufficio del Registro. Ben presto si mise alla
ricerca di segni ed indizi che gli avrebbero rivelato i luoghi dove
poter indagare. Siamo agli inizi degli anni 60’. Di certo sulla storia di Rometta, si conosceva solo il suo primo apparire
come fortezza bizantina, interessata dalle incursioni delle armate
musulmane nel 882 d.C., mentre per i secoli precedenti, così come
per la sua fondazione, si possedevano solo leggende e ipotesi oltre
che notizie di sporadici rinvenimenti di manufatti antichi (lucerne,
statuette, monete, vasellame, ecc.). Ottenuto il
benestare di Luigi Bernabò Brea, Soprintendente alle Antichità
della Sicilia Orientale, aiutato da alcuni giovani del luogo (B.
Visalli, P. Giorgianni e P.C. Midiri) e sulla base di
ritrovamenti fortuiti operati da un residente della frazione di San
Cono, G. Lisa, Scibona inizia, sulla cima del Monte Palostrago, a riportare alla luce una vasta necropoli ellenistica
con numeroso vasellame in ceramica ed oggetti in metallo, posti a
corredo delle tombe. La stratigrafia del sito fa risaltare le varie
epoche di frequentazione umana del luogo che si protrae, con
significative interruzioni, sino alle soglie dell’epoca bizantina.
Ma è il piccolo rilievo montuoso di Monte Motta a dimostrarsi
prodigo
di sorprese: sulla sua ridotta cima pianeggiante, il giovane
archeologo scava le fondamenta di una capanna dell’Età del Ferro
appartenente al periodo Ausonico o Siculo. Tutt’intorno all’area,
individua siti dal cui cocciame presente, ricostruisce le orme
dell’uomo nel territorio: tracce che vanno dal più antico Neolitico
di Sicilia, quello di Stentinello, all’età del Bronzo sino a
giungere ai Greci, intorno al III secolo a.C. Nel 1966, in contrada
Raspa, scopre delle tombe a grotticella, scavate nella roccia ed
attribuibili ai secoli IX e VIII a.C. mentre, sul costone
occidentale del Palostrago, in posizione scoscesa e raggiungibile
solo da scalatori professionisti, scopre diverse tombe, a sezione
rettangolare, scavate nella roccia, dello stesso periodo di quelle
di contrada Raspa e simili a quelle di Rodì e di Barcellona P.G.,
contrada Oliveto.
Il passato del territorio di Rometta,
celato per tanti secoli dal passar del tempo, sembra ora schiudersi
nelle mani di Scibona che con la sua meticolosa indagine procede alla
scoperta e alla raccolta dei preziosi reperti. Tra questi, egli
stesso registra la cospicua serie monetale che testimonia la
vitalità e la circolazione di beni e prodotti: tra le monete
ritrovate, la zecca di Siracusa fa da primato, seguita da quella di
Reggio, di Abacena, di Zancle e perfino alcune monete d’argento di
Atene (testa di Atena con civetta sul retro). Non mancano monete
bizantine in bronzo del IX sec. né quelle arabe tra cui spicca una
in oro, del X sec. Scibona iniziò a catalogare e studiare i
numerosi reperti, ceramiche e monete, ritrovati nel territorio di
Rometta. Solo una parte degli studi verrà pubblicata su diverse
riviste scientifiche, in attesa di una pubblicazione più vasta che
avrebbe stilato in tempi successivi. Ma la sua scomparsa (ahimè!)
improvvisa ci ha tolto una figura di primo piano nell’universo
degli studi scientifici nonché quella di profondo conoscitore
dell’archeologia urbana di Messina e della sua provincia.
Io, lo conobbi, per la prima volta, all’Università di Messina: era
il 1980. Dialogammo sulle diverse ipotesi in merito alla fondazione
storica di Rometta ma anche sulla assenza di un Museo
dove poter custodire i numerosi reperti ritrovati. Successivamente
continuammo il nostro dialogo durante una pausa negli scavi di Viale
Boccetta (oggi area palazzo della Cultura) dove, mi parlò della sua
amarezza provata quando gli furono negati, dal Comune di Rometta
(tra il 1964 e il 1969), alcuni locali dove poter conservare i
reperti che avrebbero potuto costituire una prima dote per un futuro
Museo od Antiquarium.
Vent'anni dopo, nel 1984, ecco
aprirsi uno spiraglio: l’amministrazione comunale destina a Museo,
con proprio atto deliberativo, i locali in disuso delle ex
scuole elementari di Via Sabauda (oggi via G. Mento Visalli). Da lì
a poco doveva seguire l’incarico ad un tecnico per redigere il
progetto di recupero e adattamento dei locali ad esposizione museale
da presentare per la richiesta di finanziamento
pubblico. L’individuazione fu decisa a seguito della visita
dell’allora Assessore Regionale ai Beni Culturali alla
Mostra Etno-Antropologica, organizzata dall’Associazione Marduk.
Alcuni mesi dopo, a causa di una crisi politica all’interno del
Consiglio Comunale, l’iter amministrativo fu interrotto per essere
ripreso dai nuovi amministratori che usciranno dalle elezioni del
1986. Ma qui accadde l’assurdo: i nuovi amministratori, in spregio
alle decisioni prese dall’Amministrazione precedente, e perdente,
annullarono la deliberazione di destinazione d’uso a Museo con
un’altra delibera che prevedeva una nuova destinazione d’uso: da
Museo a Sala Musicale ecc.ecc..
Per anni non si parlò più di Museo.
Sino al 1997, quando i giovani dell’Archeoclub di Rometta lanciarono
la proposta di individuare il Museo nei locali dell’Ex Ufficio del
Registro di Via Roma. Questa soluzione si dimostrò ben presto
onerosa: occorreva acquistare dallo Stato centrale l’edificio per poi
eseguire una profonda ristrutturazione dei locali, rimasti chiusi ed
inutilizzabili da oltre cinquant’anni. Nel 2000, si fa avanti
un’altra soluzione: i locali “non finiti” del Carcere Mandamentale,
luogo di battaglie solitarie e di promesse tradite. La struttura è
di proprietà del Comune che potrebbe attingere a dei fondi,
stanziati precedentemente dalla Cassa Depositi e Prestiti su
richiesta del Ministero di Grazia e Giustizia. Ma la proposta
avanzata dal Comune per disporre delle somme per ultimare l’edificio
e destinarlo a Centro Culturale (Biblioteca, sala Convegni, Museo
e Laboratorio di restauro) incontra ostilità e reticenze che ben
presto si dilungano in un’infinita querelle burocratica apertasi con
gli Uffici finanziari del Guardasigilli, ostili ad un impiego locale
delle somme. Nel 2005 s’avanza un’altra ipotesi, questa volta
proveniente dalla Parrocchia di Rometta che fa redigere un progetto,
passato all’esame della Commissione Edilizia Comunale, per adeguare
a Museo i locali della Canonica di Via Umberto I, questa volta per
conservare ed esporre il patrimonio artistico e sacro della Chiesa.
Il progetto fu presentato per attingere ai finanziamenti statali
dell’otto per mille: ma non passò la selezione.
Per recuperare
l’edificio del Carcere o quello dell’Ufficio del Registro o
delle Scuole Elementari oppure della Canonica, in tutti questi casi
occorre disporre di ingenti risorse finanziarie, e visto che da alcuni anni a
questa parte, la finanza pubblica, regionale ed europea, diminuisce
costantemente i trasferimenti agli Enti Locali, e considerato che
altre, e non il Museo, sono le aspettative primarie a cui occorre
dare soluzioni, quali il metano nei centri collinari, ripascimento
(d’emergenza) della spiaggia di Rometta Marea, nuovo collegamento
stradale con le frazioni di S.Domenica e Gimello Monaci, bonifica ed
interventi strutturali nelle vecchie e nuove aree a rischio
idrogeologico, ecc., diventa difficile, se non impossibile
attuare qualsiasi soluzione per il “progetto Museo”. Ma
un’alternativa c’è ed è possibile attuarla a breve e con poco
dispendio di risorse economiche per il Comune: i locali dell’Opera
Pia Nino Scandurra. Stabilire in questo edificio, già pronto
(bastano pochissimi e limitati interventi) l’Antiquarium, prima
cellula di un Museo civico dove poter custodire le testimonianze
antiche della nostra civiltà, partendo da quelle scoperte nel 2008
durante la costruzione del metanodotto Snam e a tutt’oggi,
conservate in una parte delle scuole di S. Andrea di Rometta, locali
messi a disposizione della Soprintendenza da parte
dell'Ammini-strazione Comunale, per custodire temporaneamente i
reperti rinvenuti a Spadafora, S.Pier Niceto, Venetico e S.Andrea.
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